Dybala, solo lacrime di Joya

Nella foto: Paulo Dybala (foto Imago/Image Sport)

Massimo Ciccognani

DOHA (Qatar) Il valore di un sorriso, quello di Paulo Dybala, che nella notte del Lusail corona il sogno di una vita, quello che per un calciatore, è il massimo dell’ambizione, ovvero vincere il campionato del mondo. Sorrisi e lacrime che spesso vanno a braccetto nella vita come nello sport. E’ appena iniziata nella pancia del Lusail, la festa dell’Argentina Campione del Mondo. Dal campo trasferita dentro la zona mista degli spogliatori, dove il cronista raccoglie a caldo le emozioni dei protagonisti. E invece l’Argentina, che di motivi per parlare ne avrebbe tanti, sceglie la strada più difficile, quella del silenzio che lascia interdetto chi da ore è in paziente attesa di una parola. Che non arriverà mai anzi, solo insulti alla categoria. Malesseri del recente passato che i calciatori dell’Albicelste si sono portati dietro per giorni, fin dall’arrivo a Doha, ancora più forti dopo la prima scontitta con l’Arabia Saudita che aveva generato altre polemiche.

Ed eccola, l’ora del riscatto, fatta di insulti al “periodista hijo de puta”. Da Emiliano Martinez già protagonista in negativo sul palco del trionfo, a Rodrigo De Paul, tutti con la faccia sporca a infangare il momento più bello, atteso da ben 36 anni. In mezzo a tante facce sporche, ecco che ti compare davanti il ragazzino dalla faccia pulita, tale Paulo Dybala che in un nanosecondo, ha ripercorso alla velocità della luce gli ultimi sessantanove giorni, intrisi di lacrime e rabbia per quel che poteva essere e per fortuna non è stato. Era il 9 ottobre, campionato di serie A, Roma-Lecce all’Olimpico. Paulo Dybala sul dischetto del rigore, il gol del 2-1 giallorosso. La mano dietro la coscia, la smorfia di dolore e e lacrime. Le mani in faccia a coprire la delusione, la paura che stava materializzandosi perché quell’infortunio poteva segnare la fine di un sogno cullato da inizio stagione quando Paulo ha scelto la Roma per giocarsi al meglio le sue carte mondiali. Che stavano svanendo. Il destino ci ha messo tanto del suo, ma alla fine, Paulo ce l’ha fatta settantanove giorni dopo, è tornato sullo stesso dischetto del rigore per calciare il secondo rigore della serie argentina. Il gol, la liberazione.

E in mix zone, mentre faceva festa con i compagni, Paulo ha sentito una voce che gli ha ricordato di quelle lacrime, prima di disperazione, di Joya in questa notte qatarina. Si è girato, non ha parlato, ma lo hanno fatto i suoi occhi che si sono illuminati d’immenso. E poi quel sorriso che valeva più di cento parole. Perché alla mancanza di dichiarazioni ufficiali da parte degli argentini, hanno pensato a parlare gli occhi e il sorriso di Paulo, quello del ragazzino dalla faccia pulita. E per noi, quel sorriso è stato molto più importante di mille parole, che non avrebbero avuto lo stesso peso specifico. Goditela Paulo questa notte. Che è anche tua.

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