Salvatore Savino *
Ancora una volta il campionato si ferma, per dare spazio alle nazionali, di cui in tutta franchezza non si avvertiva la mancanza, soprattutto in questo momento, con un campionato appassionante, che vede il Napoli solo al comando, ma ben cinque inseguitrici strette in soli due punti, ma tant’è. Il business del calcio internazionale prevede la Nations League, e allora, Ubi maior, minor cessat. Approfittiamo di questa sosta per fare allora il punto della situazione, un’analisi di questo terzo di campionato, in attesa della prossima giornata, che sarà la tredicesima. Comincerei dal confronto con la stagione precedente: il Napoli, reduce dal disastro, ha oggi cinque punti più dello scorso anno, mentre, ad esempio, ne ha qualcuno in meno l’Inter, sei, come il Milan, mentre la Juve ne perde cinque. Qualcosa dovrà pur significare, o no? Vuol dire che si è costruito bene, che si è scelto il tecnico giusto, che si è fatto un mercato di sacrificio sì, ma di grande qualità. Certo, si può migliorare, anzi, si deve, ma non bisogna nemmeno negare le evidenze. Abbiamo per anni goduto di un certo tipo di calcio, nel senso di approccio tattico: il 4-3-3 di Maurizio Sarri era un bellissimo gioco di movimenti, di sovrapposizioni, di un calcio che pareva a tratti un meccanismo perfetto, quasi la coreografia di un balletto, ma che alla fine non ha purtroppo portato a Napoli quel titolo che aspettavamo da decenni, arrivato poi con Spalletti. Dopo quel titolo però, il Napoli è crollato, come purtroppo ricordiamo tutti. C’era allora necessità di ricostruire tutto dalla struttura societaria all’area tecnica ed è quello che è stato fatto: una vera e propria rivoluzione, anche se, molto probabilmente, qualcuno tra i tifosi lo ha già dimenticato. Devo pensare così perché altrimenti non saprei come spiegarmi determinate critiche, a volte eccessive tanto da sembrare preconcette. A mio modo di vedere, ci si dovrebbe rendere conto che quando una squadra di calcio deve rifondarsi, non ci si può aspettare immediatamente grandi risultati o bel gioco. Il fatto è che invece a Napoli questo si è avuto: dalla disfatta dello scorso campionato, oggi il Napoli è primo in classifica, da solo, eppure, incredibile a dirsi, in questa città si parla in alcuni casi con la prosopopea di chi ha vinto sempre tutto. Qualcuno arriva persino a dire che se il Napoli non vince lo scudetto è un fallimento… ma, siamo seri? Una squadra che era crollata sotto il peso, paradossalmente, della sua stessa vittoria, doveva solo ricostruirsi, e dalle basi. Con questi presupposti, l’essere in testa alla classifica é da considerarsi un traguardo enorme, e allora proviamo ad analizzarlo questo terzo di campionato già giocato dal Napoli. Antonio Conte ed il suo staff hanno creato una squadra che sembra lontana anni luce da quella che ha sciaguratamente giocato lo scorso anno, per impegno, per applicazione, per orgoglio. Il mister chiese alla società la permanenza “obbligatoria” di alcuni dei calciatori che erano stati protagonisti in maglia azzurra: sapeva che non erano quelli dell’annus horribilis, erano i campioni d’Italia. Mi riferisco a Di Lorenzo, a Lobotka, a Kvara. Accanto a questi, altri ragazzi hanno dimostrato, con l’impegno e la voglia, di meritarsi la chance di riportare il Napoli ai vertici, e mi riferisco a Rrahmani, ad Oliveira, a Politano, a tratti persino commovente nell’inedito per lui ruolo di quinto difensore quando necessita. Come in un mosaico, Conte e Manna hanno poi inserito le tessere mancanti, ed ecco arrivare qui il più forte centrale difensivo italiano, (una per tutte, la chiusura su Thuram a San Siro, nell’uno contro uno a campo aperto, dovrebbe essere mostrata nelle scuole calcio ai ragazzi che giocano in difesa) Alessandro Bongiorno. A centrocampo, a dimostrazione che a volte anche i Top Club commettono errori, lo United ha ceduto un campione assoluto: Scott McTominay: mezzala, mediano, a volte punta di appoggio, l’uomo che macina più chilometri a partita, che a Milano oscura Barella per tutto il tempo, e trova anche il modo di far gol da opportunista su corner: un mostro. E poi, David Neres, un funambolo che in pochi minuti ha incantato la platea tra gol e assist, e che funge da antagonista nel ruolo di esterno alto; forse gli manca, proprio per sua natura, la capacità di incidere anche in fase di non possesso, ma crescerà. E ancora, Billy Gilmour, il piccolo folletto con la cornamusa che sta imparando le formule magiche per condurre il gioco dal mago Stanislav, e poi l’esperienza di Spinazzola, che copre le spalle di Oliveira quando necessario, e la napoletanita’ verace e l’amore per l’azzurro di Pasqualino Mazzocchi, alter Ego del capitano o di chiunque occorra quando si deve difendere Il fortino. L’ unico che ancora non abbiamo conosciuto è Rafa Marin: io credo che non si cresce nel Real se non sei o almeno puoi diventare un campione, e se le merengues hanno voluto su di lui il diritto di recompra, vuol dire che lo pensano anche loro; aspettiamo che il mister gli faccia apprendere i segreti tattici e tecnici dei difensori italiani e poichissà, potrebbe sorprenderci anche lui. Un discorso a parte merita Romelu Lukaku: prima del suo arrivo temevo fosse un calciatore in fase di discesa, non dico sul viale del tramonto, ma quasi. Poi ho pensato che se Conte (anche sul tecnico avevo i miei dubbi, non calcistici ma…per il suo cuore non colorato) lo voleva a tutti i costi, doveva avere le sue ragioni. Lukaku e’ Il bersaglio di tante critiche: si parla del suo non apparire più quel mostro dalla potenza devastante dell’Inter campione, del suo sembrare facilmente marcabile dai centrali avversari, del suo mostrarsi quasi arrendevole sugli anticipi dei difensori. Invito ad una breve riflessione: Romelu, in nove partite giocate, ha segnato quattro gol e fatto quattro assist, e non mi sembra un bottino scadente. Il gol segnato al Milan poteva segnarlo solo lui, e non è roba da poco, così come l’assist per David Neres contro il Como e’ roba da grande campione, e poi, pochi lo hanno rimarcato, l’assist per Kvara, che solo un incredibile recupero di Acerbi ha vanificato. Con questo cosa voglio dire? A Napoli abbiamo sempre avuto grandi centravanti, sia nel passato, vedi Careca, Giordano, Savoldi, che nel periodo più recente: Higuain, Cavani, Osimhen. Ognuno aveva le sue caratteristiche, la sua classe, le sue peculiarità, e per tutti abbiamo un posticino nel nostro cuore di tifosi. Io credo in Lukaku adesso: ne apprezzo l’impegno, l’essersi messo in gioco per il “suo” mister, l’applicazione per mettersi in forma il prima possibile, e il suo posticino nel mio cuore di tifoso è già pronto. Chissà, potrebbe essere il terzo centravanti del mio Napoli ad avere lo scudetto sul petto…perche’ no? Forza Napoli Sempre
*Scrittore, tifoso Napoli