Una sosta per ripartire

Salvatore Savino *

L’effetto Conte sta cominciando a portare i risultati che tutti speravano, Adl in testa. La scelta del tecnico salentino era apparsa, lo dicevamo nel nostro appuntamento precedente, l’ultima spiaggia, l’estremo tentativo del Presidente di recuperare la sua creatura Azzurra dopo la stagione orribile dello scorso campionato, e la “campagna d’Emilia”, cioè il doppio confronto con Bologna prima e Parma poi, sembra aver dato ragione alla scelta. Nell’analisi delle due gare, dobbiamo notare come esse si siano concretizzate in modo completamente diverso: nella gara con i felsinei, nonostante il risultato finale rotondo possa far pensare ad una passeggiata, la compagine partenopea ha cercato di sfruttare gli spazi ampi che il Bologna nella migliore tradizione delle squadre di Italiano, lasciava ai calciatori azzurri, che ne hanno approfittato con l’uno-due tra Di Lorenzo e Kvara, poi messosi in proprio per la percussione del raddoppio, e infine con la magia di David Neres che ha fornito al Cholito Simeone il prezioso cioccolatino del terzo gol. Contro il Parma invece, il Napoli ha trovato nella squadra di Fabio Pecchia una formazione giovane ma estremamente quadrata, votata ad una fase difensiva accuratissima e precisa, abbinata però ad una notevole velocità nelle ripartenze e nelle percussioni centrali. Grazie a queste qualità i ducali sono andati in vantaggio, oltre ad avere un discreto predominio sul terreno di gioco.

La novità rispetto allo scorso anno, quello che chiameremo appunto “l’effetto Conte”, è stato quello di non aver mai visto il Napoli mollare, lasciarsi abbattere dal risultato negativo. Dire però che tutto si limita all’orgoglio e all’emotività sarebbe ingiusto nei confronti del tecnico. Nel corso delle gare infatti, la mano di Conte e del suo staff si è notata in maniera palese: dalla linea a tre, base fondante del dogma del leccese si è passati ad un classico 4-4-2, per poi, nel fiammante finale successivo alla superiorità numerica passare addirittura ad un super offensivo 424. Al di là delle variazioni tattiche, il dato inconfutabile è quello della vittoria finale, e, nell’economia di un campionato, queste vittorie trovate all’ultimo minuto, sofferte, in parte fortunate, sono importantissime, decisive, perché, oltre ai punti portano fiducia, entusiasmo e spirito di gruppo. Ora il campionato si ferma per un turno dedicato alle nazionali, sosta di cui personalmente avrei fatto volentieri a meno, ma che purtroppo è obbligata, e quindi tutte le aspettative, le verifiche, la conoscenza e l’inserimento dei nuovi acquisti, devono attendere qualche giorno in più. Non avendo calcio giocato su cui dialogare, colgo il momento per analizzare il mercato appena concluso. Lo scorso anno De Laurentiis ha bruciato tutto il credito accumulato nei confronti della tifoseria, riuscendo incredibilmente a sbagliare tutto, ma proprio tutto quello che si sarebbe potuto: dall’infausta scelta di autoeleggersi unico responsabile della gestione della squadra, forse fuorviato anch’egli dall’entusiasmo post scudetto all’inspiegabile scelta di Garcia, al disperato e nostalgico appello ai ricordi fatto con Mazzarri, al ricorso all’esordiente Calzona, arrivato in uno spogliatoio però già distrutto e lacerato, che non gli ha consentito nemmeno una qualificazione europea che appariva, francamente, alla portata, e addirittura inferiore alle aspettative più basse dei pronostici. Nel sottobosco di questa stagione indecorosa poi, come se non bastasse andavano nutrendosi rancori, discussioni, lacerazioni all’interno dello spogliatoio e del tifo. Non è un caso che la prima tappa del percorso di Conte sia partita dall’operazione di “rifondazione” della rosa. Non voglio tornare sulla querelle che ha riguardato ad esempio il capitano di Lorenzo passato dall’ intransigente desiderio di andare via da Napoli, a ribaciarne la maglia: non è il momento di fare dietrologia questo, per cui diciamo che non è utile scervellarsi alla ricerca di spiegazioni; ci teniamo Il ritorno del figliol prodigo, peraltro cominciato bene, e guardiamo avanti. Come abbiamo con fermezza condannato la gestione gli errori dello scorso anno, non possiamo però non esaltare con la stessa intensità quanto di buono vorrei quasi dire di grandioso, abbia costruito la società in questa nuova stagione.

Senza attingere agli introiti delle cessioni, visto che, se non per pochissimi casi, si è trattato di prestiti, Adl ha costruito un calcio mercato come mai si era visto a Napoli, nemmeno in quelli che erano stati gli anni d’oro. Accontentando il suo allenatore, ha portato in maglia azzurra il centravanti da lui sempre richiesto, Romelu Lukaku, cui ha affiancato due pedine fondamentali della mediana quali Gilmour e McTominay, splendidi protagonisti della Premier e dei Leoni del tartan, un giovane difensore di scuola Real come Rafa Marin, forse il miglior centrale difensivo giovane italiano, Buongiorno, un esperto cursore della fascia come Spinazzola, ed un giovane ma già affermatissimo brasiliano, David Neres, che in pochi minuti e con qualche tocco “Carioca”, è già entrato di prepotenza nei cuori dei tifosi azzurri. Stiamo parlando di un mercato in entrata per una cifra intorno ai 150 milioni di euro, e questo deve, o almeno dovrebbe, se non zittire, quanto meno attutire le voci degli eterni anti ADL, di quelli che, pur di andare contro la gestione della società azzurra, sarebbero capaci di criticare persino un mercato di questa portata. L’ argomento principe di questo periodo dei criticatori e’ la gestione del caso Osimhen da parte del Napoli. Proviamo brevemente ad approfondirlo: per come la penso io, il centravanti nigeriano, che rimarrà nei nostri cuori per il titolo, per i tanti gol e le tante gioie che ci ha regalato, andava ceduto subito dopo la vittoria del Tricolore, quando le offerte milionarie non mancavano. Certo, non oso immaginare quali contumelie avrebbero lanciato in tanti, probabilmente proprio quelli che adesso criticano il fatto che invece non l’abbia ceduto, magari pensando a quella che sarebbe stata una vendita per realizzo, alla ricerca del massimo profitto e non della tutela della squadra. Si è scelto invece di non cederlo, e a questo punto  il giocatore doveva per forza rinnovare, e, sempre giocoforza, bisognava  accontentare le esigenze del calciatore e quelle del club.  La quadratura del cerchio, dopo una trattativa di lunghezza biblica, si era trovata con uno stipendio altissimo, a tutela di una parte, e una clausola rescissoria, parimenti altissima, per l’altra parte dell’accordo. Quando si applica una rescissoria diciamo, fattibile, nella maggior parte dei casi il calciatore, e soprattutto chi ne gestisce l’attività, hanno la quasi certezza di avere pronto un acquirente. Quando invece è giunto il redde rationem, questi acquirenti non si sono palesati. Probabilmente, a quel punto si pensava, da parte di molti, che la società sarebbe scesa a patti, pur di non sobbarcarsi il costo del mantenimento del calciatore, nel frattempo ormai fuori rosa e fuori dai piani tecnici. Il Napoli invece, non si è piegato, ha accettato di caricarsi l’onere di gestione, pur di non venir meno a quanto si era prestabilito, e a mio modo di vedere, questa è stata una scelta che andrebbe valorizzata e applaudita, non solo dai tifosi azzurri, ma da tutti gli appassionati del calcio in generale, visto l’andazzo dei contratti dei calciatori e dei club. Successivamente poi, è venuta fuori la soluzione del prestito al Galatasaray, ma, a mio parere, la cosa era già stata risolta ottimamente, in attesa della cessione definitiva. Ora però, guardiamo avanti. Dopo la sosta, ci attende la doppia trasferta di Cagliari e di Torino. Conte avrà modo di inserire i nuovi, preparare i sistemi di gioco più adatti, compattare ancora di più lo spogliatoio. Noi ci crediamo, Mister. Lei, dal canto suo, faccia capire ai suoi ragazzi che rappresentano non solo una maglia, ma una città ed un popolo, che a loro volta rappresentano la storia. Non lo dimenticassero mai. Forza Napoli Sempre

*Scrittore, tifoso Napoli

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