Salvatore Savino *
“Il pericolo più grande si corre nell’ora della vittoria”, diceva il piccolo grande Imperatore Corso, parlando di guerra, e il suo pensiero può ben adattarsi anche alla situazione del Napoli all’inizio di questa stagione. Il trionfo, quasi eccessivo nella forma e nei numeri dello scorso campionato, ha creato in una grossa fetta dei tifosi una strana forma di presunzione, un arroganza da vincitori, che ben poco si attaglia al popolo partenopeo. Se nella storia del calcio italiano mai una squadra del centro sud è riuscita a vincere due tornei consecutivi, un motivo ci sarà pure. Dopo un campionato vinto, sono tante le componenti che possono provocare e creare situazioni difficili: il senso di appagamento, la sensazione, peraltro errata, di sentirsi invincibili, la preoccupazione di non riuscire a ripetersi. Per usare un modo di dire tipico dei tempi stressanti di oggi, potremmo parlare di ansia da prestazione, per cui qualcuno la evita fuggendo verso altri lidi, qualcun altro cercando di mostrarsi invincibile, anche quando le prestazioni in campo e i relativi risultati attestano il contrario. Il Napoli, ad esempio, ha dovuto sostituire il comandante del gruppo, quello che era stato il leader carismatico, quello che in tanti occasioni si era esposto in prima persona a difendere i suoi ragazzi, ma che aveva scelto di andare via, forse anche perché convinto che non sarebbe riuscito a ripetere il risultato ottenuto. Io mi chiedo: se il maggiore artefice del trionfo preferisce abbandonare la sua truppa, il popolo che lo ha osannato, il luogo degli affetti incredibili e della passione coinvolgente, quanto ancor più difficile deve essere stato il compito di chi ha dovuto sostituirlo? Riflettiamo su quanto accaduto prima di affrontare il presente. Una per tutte: la schiacciante vittoria della scorsa stagione, è stata anche in qualche modo agevolata, come del resto accade sempre per chiunque, anche da una serie di circostanze favorevoli. Rispetto al campionato ancora precedentemente, anch’esso contrassegnato da una serie di vittorie consecutive e conseguentemente da un altro punteggio in classifica, nel campionato del tricolore sono venuti meno gli avversari. Quelli che la precedente stagione, alle prime incertezze, avevano recuperato e poi superato gli azzurri in classifica, lo scorso anno, forse anche demotivati dal vantaggio enorme costruito dai partenopei, hanno mollato la presa, dando modo al Napoli di giungere al traguardo finale, nonostante l’evidente naturale calo fisico e atletico. Subentrare quindi nel ruolo di gestore di questa squadra era ed è un compito improbo, con un carico di aspettative enorme, talvolta persino ingiustificate per i motivi di cui sopra. Rudi Garcia, il tecnico prescelto da Adl per condurre la squadra Campione d’Italia, non ha forse approcciato al meglio la sua avventura in azzurro. Alcune scelte sono apparse di non facile comprensione, talvolta cervellotiche, e l’occhio attento del tifoso, avvezzo ormai ad un gioco spettacolare, dominante, a tratti finanche sbruffone, si è trovato a vedere una squadra diversa, più attenta alla gestione che alla pressione, con alcuni calciatori che apparivano fuori ruolo, con compiti diversi dai precedenti, che sembravano persino diminuirne la qualità intrinseca. Un nome per tutti: Lobotka. Accanto a queste prime perplessità poi, scelte tecniche apparentemente incomprensibili, sostituzioni degli uomini chiave proprio nei momenti in cui ci si sarebbe aggrappati alle loro invenzioni e la loro tecnica, calciatori che apparivano come svagati, come personaggi in cerca d’autore. Ammetto di essere stato tra i primi a sostenere la eventuale decisione di sostituire il tecnico, anche facendo il nome di Gallardo come sostituto per me ideale. La società ha fatto la sua valutazione ed ha invece ritenuto di compattarsi con il gruppo e dare fiducia al tecnico francese. Da tifoso del Napoli, come del resto avevo già scritto, mi auguravo di sbagliare, e di poter commentare positivamente Il trittico di partite che avrebbero segnato lo spartiacque per Garcia a Napoli. L’ allenatore francese ha, a mio modo di vedere, probabilmente compreso che qualcosa andava fatto, qualche certezza al gruppo doveva darla, ma soprattutto credo abbia compreso che la sua priorità non doveva essere dimostrare di essere diverso da Spalletti, ma, con il lavoro, di poter puntare, pur con metodi diversi, agli stessi risultati. La formazione disposta in campo al Bentegodi contro il Verona, era, a mio modo di vedere, la più giusta, ed il risultato finale lo attesta, così come le sostituzioni effettuate. Il secondo dei tre atti delle prove da superare, era il turno di Champions con l’Union Berlino. Come spesso purtroppo accade, e tanti tifosi abboccano all’amo, la compagine tedesca è stata presentata come una squadra di basso livello, in disarmo tecnico e tattico, quasi la cenerentola della Champions, per usare una espressione…vintage. Quella che veniva additata così però, nella prima giornata aveva perso al Bernabeu solo nei minuti di recupero, e contro il Napoli si giocava le residue speranze di arrivare almeno terza nel girone, oltre a volere onorare un pubblico splendido, meravigliosamente tifoso della squadra del cuore, che non ha smesso di incitare i rossi berlinesi nemmeno per un istante. Anche in Germania, la formazione iniziale scelta da Garcia mi ha trovato pienamente d’accordo, così come, lo dico, la sostituzione nei minuti finali di un fantastico Kvara con il solido e gagliardo Ostigaard, allo scopo di portare a casa tre punti fondamentali, raggiunti dopo una gara non esaltante, ma sicuramente intensa. Ed ora, come recita una famosa canzone del grande
E A Mario, ” ‘a terza parte è bella e lle ‘a vede’”. Al Maradona arriva il Milan, quello che nelle ultime occasioni ha riservato ai tifosi napoletani solo amarezze e delusioni, quello che ci ha brutalmente estromesso dalla Champions lo scorso anno. E’ proprio su questo argomento voglio puntare su Garcia. Spero che proprio la sua maggiore disponibilità al cambio di atteggiamento tattico, il suo essere forse meno radicale sulle posizioni, rispetto al suo illustre predecessore, possa risparmiarci di rivedere per l’ennesima volta i contropiedi devastanti di Leao e le incursioni di Theo Hernandez. Con attenzione e concentrazione, Il Napoli ha tutte le carte in regola per battere il diavolo rossonero, per riprendere quella rincorsa al titolo inizialmente apparsa lontana. Su questo, un appunto al mister: anche se di certo è l’obiettivo della società, il quarto posto e relativo ingresso in Champions non è quello che sognano i tifosi. In futuro, in conferenza stampa, nelle interviste, non dica di non aver raggiunto il posto tra le prime quattro, ma ci dica quanto occorre per essere di nuovo primi. Chiudo con un po’ di cinema: se il Napoli riuscirà a battere il Milan, come tutti speriamo, potrà finalmente dire: ” Ricomincio da tre “, e chissà che nel frattempo Mourinho, redivivo De Sica, non possa girare un nuovo ” Miracolo a Milano “…Forza Napoli Sempre
*Scrittore, tifoso Napoli