E tu continui a palleggiare sorridente al San Paolo

Paolo Tagliaferri *

Ciao Diego, ti scrivo questa lettera. Spero la potrai leggere. Che Ezra Pound fosse fascista, Céline collaborazionista, Bukowski maschilista, non me ne importa un beneamato. Che Caravaggio abbia ucciso, Van Gogh vaneggiato e Papa Hemingway si sia sparato, nemmeno. Erano Geni. Con vite discutibili? Forse. E le nostre, invece, come sono? Perfette? Non credo. Ognuno ha il suo inferno personale.Non ci sono libri immorali, ci sono solo libri scritti bene o scritti male, il pregiudicato omossessuale Oscar Wilde, insegna. Criterio estensibile a molte arti, a molti talenti. Per cui, per Te, nessuna morale da quattro soldi. Te ne sei andato, Diego. Con Te se ne va parte della mia vita. Un pezzo è già sparita, in questo anno niente male, con Proietti e Sepúlveda. Ma con Te se ne va tanto. Con Te se ne va un mondo sognato da Salgari. Se ne va l’idea di un altro occidente possibile. Di una realtà latina.Tornerò a El Federal a bere Malbec, e a Plaza Dorrego a guardare i ballerini di tango, camminerò per Palermo e per Recoleta. Mangerò bife de chorizo a La Brigada o al mecato coperto di San Telmo, ma nessuna cosa avrà più lo stesso sapore. El Chaltén e El Calafate saranno senza luce, e Ushuaia solo una città.Hai incrociato Fidel, Chavez, e tanti altri. Forse sarà la storia ad assolverli. Hai scherzato con Gabo Marquez, Kusturica e Minà.Eri un povero e sei diventato un ricco. Il bene dell’umanità era una posa o lo sentivi nel cuore?Non mi importa, Diego. Io ti ho visto giocare al calcio. Ti ho visto renderlo un gioco in grado di restituire dignità agli straccioni, ai reietti, ai gracilini di ogni latitudine.Genio tra i geni, Ti ho visto vincere con effetti e traiettorie impossibili.Scugnizzo veloce e paraculo, Ti ho visto vincere con l’arte di strada.Tutti ricordano la Tua mano su quel “colpo di testa”; pochi, invece, i trucchi con il quali, in ogni sport, atleti meno dotati di Te hanno vinto con colpi altrettanto furbeschi.Tu, reietto tra i reietti.In molti suoi scritti Raymond Carver , il Garrincha o lo Schiaffino o forse il Maradona ( sicuro, però, a pari merito con Hemingway, Salinger e O’Connor) dei racconti, morto alcolista a cinquantanni , scrive cose del tipo: “Forse avrebbe dovuto dirle che ( i bambini) s’addormentavano piangendo tutte le sere. Alla fine decise di non dirle niente” e tu rimani lì sapendo che loro piangono tutte le sere ma la moglie non lo sa. Una finta di corpo che ti lascia ancora a pensare perché non glielo abbia detto e lui, invece, l’ex operaio della segheria, continua a scrivere e si trova già da un’altra parte, all’ultima riga del racconto o al limite dell’area di rigore. Come facevi Tu.Lui è morto a cinquant’anni, Tu a sessanta appena compiuti.Non so quanto mi resta da vivere, Diego. Ma sono contento di aver condiviso, per un tratto, il passaggio su questa terra con Te.Da Lazialotto sto ancora cercando di capire cosa sia successo quel pomeriggio del 25 febbraio del 1985, e anche il nostro portiere, il pur bravo Nando Orsi, credo non lo abbia ancora capito.Ci mancherai, Diego.Chiudo gli occhi e metto un vecchio disco di Gardel. Spero, sino all’ultimo, di essere in un racconto di Cortázar. Un incubo, pesadilla.Uno di quelli dove, alla fine, si scopre che sei stato Tu, Diego, a sognare tutti noi. Noi morti, mentre Tu, invece, continui da vivo a palleggiare sorridente al San Paolo. Con amore. Paolo.

*Avvocato penalista e scrittore

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