Salvatore Savino *
Il secondo tempo giocato a Monza è sembrato un inno alla Rinascita, al riscatto, dopo una delusione trascinata per troppo tempo. La stagione post scudetto è stata finora troppo deludente il passaggio dal trionfo alla polvere è stato repentino, fulmineo, quasi da restarne tramortiti, e il primo tempo del U- Power Stadium sembrava ripercorrere la stessa traccia. Qualche uccellino racconta che nello spogliatoio sia avvenuto un confronto duro durante l’intervallo. Forse i ragazzi si sono resi conto che non era più accettabile ridursi a fare ulteriori brutte figure. Non è interessante il pettegolezzo, la ricerca di chi ha parlato e cosa abbia detto, quello che per noi è importante è che la squadra abbia voluto dare una spallata a sé stessa, abbia voluto ricordarsi di essere ancora il gruppo che ha dato spettacolo e trionfato pochi mesi or sono. Mi piacerebbe immaginare che, anche se con un confronto aspro, a muso duro, siano stati tirati fuori i problemi, le incomprensioni, le mezze parole dette e non dette che hanno impedito al gruppo di essere tale. Voglio credere che tutti insieme abbiano deciso di riprendersi la propria dignità, il proprio orgoglio, che abbiano abbandonato questa sorta di catalessi agonistica in cui erano piombati, e si siano convinti che fosse giunto il momento di rinascere. Del resto, per dirla col grande poeta libanese Gibran, se una persona non rinasce, la sua vita resterà come un foglio bianco nel libro dell’esistenza. Questa squadra ha tutte le capacità per raggiungere l’obiettivo rimasto ancora in piedi: la qualificazione in Europa, che sia la prestigiosa Champions, o le meno remunerative, ma ugualmente degne di rispetto, Europa o Conference League. Qualificarsi alla vetrina internazionale non è un’opportunità per una società come il Napoli, è un obbligo, morale prima ed economico poi. Dopo il trionfo tricolore, ci si poteva aspettare certamente un calo, una leggera flessione, ma non una debacle epocale come quella vissuta finora. Le sette gare che mancano al termine del campionato, vanno affrontate con il solo scopo di vincerle, senza se e senza ma. Non è il tempo degli esperimenti, non è il tempo di ridare sorrisi ai calciatori meno impiegati, non è il tempo di esaminare e valutare arrivi e partenze. Questo è il tempo di vincere le partite che restano e qualificarsi in Europa. Come nel film l’impero colpisce ancora: “no proveremo! Fare o non fare! non c’è provare!” Già da domenica, quando ad ora di pranzo a Fuorigrotta sarà di scena il Frosinone, il Napoli deve dimostrare di essere tornato ad essere quello che abbiamo imparato a conoscere: una squadra che si impone, che comanda il gioco e detta i tempi, una squadra che vince. Contro i ciociari peraltro, c’è da vendicare sportivamente una delle più tremende brutte figure rimediate quest’anno, quel bruciante crollo in Coppa Italia che cancellò il primo degli obiettivi stagionali. Accanto a questa, che è l’attualità più impellente, c’è sicuramente la programmazione per il futuro, e su questo si gioca la partita forse ancor più importante e difficile. In questi giorni, su qualunque mezzo di informazione, su qualsiasi chat, gruppo di tifosi, e persino intorno ai tavolini dei bar frequentati dagli sportivi, l’argomento principe di ogni discussione é il futuro del Napoli, e, più precisamente, la scelta del nuovo tecnico, dell’uomo che dovrà incaricarsi di costruire e guidare la squadra nel prossimo futuro, riportandolo al successo. Nelle ultime ore, il novero dei papabili si sta stringendo intorno a due nomi, che non riuscirei ad immaginare più diversi tra loro per storia professionale, idee tattiche e carattere. Ciò non di meno, ad oggi sembrerebbe proprio che la scelta del presidente sia tra Conte ed Italiano, in rigoroso ordine alfabetico. Il tecnico salentino, sergente di ferro, carattere indomabile e personalità da vendere, sarebbe forse la scelta più gradita ad una grossa fetta di pubblico, quello che crede che occorre un uomo forte, che si imponga, che dia regole ferree, con un nome che abbia già dimostrato di saper vincere. Per quel che invece concerne il tecnico nato in Germania ma siciliano di origini, possiamo parlare di un allenatore che ha una sua idea di gioco, forse più vicina a quella Nouvelle Vague dei tecnici alla De Zerbi, Dionisi, con riferimenti ai maestri come Sarri, Spalletti, Guardiola: un gioco di pressione, di attacco, che a volte però, lascia troppi spazi alle ripartenze avversarie. Il quadro è abbastanza chiaro: si comprende con relativa facilità come le due idee siano quasi opposte l’una all’altra, e allora la scelta, probabilmente, e c’è da augurarselo, è già stata fatta, ed una delle due alternative ha solo lo scopo di allargare le discussioni. La mia idea sulla eventuale scelta di Conte si basa su personalissime considerazioni e ragionamenti, che ovviamente non toccano la sfera dell’uomo e del professionista, ma che mi fanno nutrire qualche perplessità: oltre la indubbia componente bianconera, che ai miei occhi è una discriminante rilevante, la vera preoccupazione risiede nella storia dei calciatori che ha allenato a grandi livelli: è un tecnico che pretende, almeno in generale, di aver in rosa calciatori importanti, anche di età ed ingaggio fuori dagli abituali parametri azzurri, stando almeno a quanto visto negli anni. ( il contratto di Osimhen è una realtà atipica e finora unica). Sarà disposto Adl a dar fondo pesantemente alle casse societarie per accontentare il tecnico salentino? Non è che sullo stile della scelta di Ancelotti, il grandissimo nome in panchina possa significare una sorta di protezione da critiche eventuali? Le scelte e gli orientamenti aziendali resterebbero gli stessi, ma, con un parafulmine di cotanto nome, anche scelte di mercato poco gradite al pubblico, potrebbero essere addolcite dall’ imprimatur dell’allenatore. Come nel Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è… bisogna che tutto cambi…” Per quel che riguarda il campo, quanti degli uomini più rappresentativi attualmente in rosa sarebbero propedeutici all’impostazione tattica abitualmente adottata da Conte? I primi nomi che vengono alla mente sono Kvara e Lobotka. La scelta Italiano invece, potrebbe significare un nuovo progetto, ma più legato, almeno idealmente, al sistema adottato dagli azzurri da Sarri in poi. Probabilmente, il tecnico attualmente in riva all’Arno, potrebbe sfruttare a pieno le caratteristiche dei calciatori in organico, magari chiedendo alla società sforzi non enormi sul mercato. E’ difficile affrontare adesso la scelta, non sappiamo quali saranno realmente gli orientamenti del presidente e quindi della società. A noi tifosi interessa adesso soltanto vincere le sette gare che mancano e approdare in Europa, l’Europa che ci competerà, sperando sia la più importante, perché per noi tifosi, come direbbe Prévert, bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro che per dare l’esempio. E allora, perché i tifosi siano felici, con un altro riferimento poetico con il quale vi saluto, il Presidente dovrebbe fare della sua squadra un dono pieno di colori, di profumi e di gioia. Come direbbe Neruda, vorrei fare con te quello che la Primavera fa con i ciliegi. Forza Napoli Sempre
*Scrittore, tifoso Napoli