Finisce 0-0 il derby della Capitale tra Lazio e Roma. Gara intensa e combattuta all’Olimpico con le occasioni migliori capitate sui piedi di Parolo e Marusic per i biancocelesti. Giallorossi sfortunati con il palo colpito da Bruno Peres e la traversa di Dzeko. Espulso Radu nel finale per doppia ammonizione. Inzaghi e Di Francesco si portano a 61 punti, al terzo posto a + 1 sull’Inter. Eterna. Lo è la città e lo è la rivalità tra due mondi confinanti ma probabilmente mai così distanti nell’umore, nei sentimenti e nelle emozioni. La Grande Bellezza del calcio ha regalato una settimana europea da togliere il fiato al punto da azzerare e ribaltare qualunque pronostico. E da riconsegnare al campionato la Roma reduce da un’impresa esaltata come epica, gladiatoria, storica, imperiale. Degna dell’eternità , come la sua città . E una Lazio a pezzi per la follia di Salisburgo che l’ha fatta crollare. Degna della fragilità della bellezza, come la sua città . E nel ritrovarsi in Serie A, finisce che le romane non si fanno male pur essendosi battute quasi alla morte. Un derby non dei più spettacolari ma intenso. E sempre emozionante. Finito in parità con i giallorossi a lungo in difficoltà ma capaci di essere più concreti e pericolosi. Inzaghi e Di Francesco avanzano assieme, lentamente verso quella Champions che al momento sarebbe roba loro. A danno dell’Inter, ancor più lenta. Di Francesco conferma il rivoluzionario 3-4-2-1 che ha frantumato il Barcellona (con la sola novità di Bruno Peres per Florenzi) e anche Inzaghi non stravolge l’11 europeo con la più grande novità nella scelta di Felipe Anderson (preferito a Luis Alberto) alle spalle di Immobile nel tentativo di trovare più verticalità e imprevedibilità . Ma l’Olimpico diventa ben presto un’arena per puri combattenti: poche concessioni allo spettacolo ma agonismo a non finire, aggressività portata all’estremo da entrambe le parti, intensità , zero spazi. Entrambe le squadre sono corte e cercano di non far ragionare l’avversario fin dall’impostazione finendo così per annullarsi o quasi. E per costringere all’errore. Sembra più brillante la Lazio che non lascia respirare i portatori di palla giallorossi e prova a sfruttare la velocità delle sue corsie e i soliti inserimenti di Parolo che nel primo tempo si procura ma fallisce due ottime occasioni. Ma la difesa di Di Francesco resta alta in maniera impressionante (spesso all’altezza della metà campo) mandando regolarmente in fuorigioco i biancocelesti, soprattutto quando è Immobile a cercare lo scatto. E’ però lenta di manovra la Roma che fatica ad appoggiarsi a Dzeko e non trova coi movimenti esterni di Schick e Nainggolan il modo di aprire la difesa laziale. Ed è solo quando inizia a cercare la profondità , tassello fondamentale del credo calcistico di Di Francesco, che, sul finire del primo tempo, inizia a farsi pericolosa. Soprattutto con il clamoroso palo di Bruno Peres, liberato da un’improvvisa giocata del Ninja sulla trequarti e liberatosi dalla guardia di un Lulic in difficoltà . Ma dominano l’aggressività , i duelli sfiancanti, l’attenzione a chiudere zone di passaggio e persino di corsa. Manca la fantasia, l’invenzione, la giocata di qualità . Del resto, si pensa a combattere. Proprio alla ricerca del guizzo che incendi il derby, DiFra inizia una ripresa di sofferenza con Nainggolan spostato a fare il trequartista e Under per un deludente Schick. Resta brillante e fisicamente più in palla la Lazio che guadagna campo e costringe la Roma ad abbassarsi. Sono, non a caso, di Immobile (tocco a lato) e Luis Alberto (tiro da fuori che sfiora il palo) le occasioni più pericolose. Con la stanchezza, fisica e mentale, che inevitabilmente presenta il conto. E i giallorossi sembrano provare ad abbassare i ritmi fino al momento in cui trovano, nell’espulsione di Radu, benzina per un finale che capovolge l’inerzia del match. Di Francesco rischia mettendo El Shaarawy, Inzaghi si copre togliendo Immobile. Ma, bellezza e stranezza da derby, capita sui piedi di Marusic il possibile match point, finito a lato di un soffio. Prima che a Dzeko, bellezza e stranezza da derby, capitino tre occasioni tre nei minuti finali: prima para Strakosha, poi ci pensa la traversa e l’ultimo tentativo finisce fuori. Tutto in pochi secondi a mettere la parola fine alle sofferenze e alle emozioni. Come due pugili che alla fine restano in piedi, nonostante i tanti cazzotti. E ne esce, per entrambi, un punto buono per la Champions per continuare a inseguire un obiettivo e per provare a scrollarsi di dosso, per ripartire, le infinite, eterne, emozioni, provate in settimana.