Massimo Ciccognani
L’Apocalisse alla fine è arrivata. Fuori dal Mondiale dopo sessanta anni, la peggior nazionale di sempre, figlia di inettitudini e compromessi. Ventura, lo si è capito da subito, non era e non poteva essere l’uomo giusto per il dopo-Conte. Troppo diversi, troppo distanti, nella mentalità, nella cultura, l’ex granata senza un briciolo di esperienza in campo internazionale. Affidargli la Nazionale è stato il peggior errore che la Federcalcio potesse commettere. Gli errori di un Tavecchio che adesso al pari del suo allenatore, deve andare a casa. Ancora non si sono dimessi, ma lo facciano presto perché quest’onda è difficile da metabolizzare. Nel 2014 prima Prandelli poi il presidente Abete, si presentarono in sala stampa dopo il flop ai mondiali in Brasile e diedero le dimissioni in diretta televisiva. Ieri sera nè Ventura nè tanto meno Tavecchio, l’hanno fatto. Una vergogna unica perché nel calcio si vince e si perde, ci sta, ma che almeno ci si metta la faccia. Invece Ventura è diventato in una notte lo Schettino del calcio. Prima ha rifiutato il commento in diretta Rai poi, ha fatto aspettare i giornalisti per oltre due ore nella pancia del Meazza. Mancanza di rispetto per chi lavora, e non ci fosse stata la federcalcio a prenderlo per le orecchie (“salga a bordo cazzo signor Ventura) non si sarebbe neppure presentato. Doveva metterci la faccia e invece ha lasciato che a farlo fosse il nostro capitano, Gigi Buffon. Lacrime in mondovisione di un campione ferito, offeso, umiliato. Lui non si è tirato indietro, ci ha messo la faccia nel giorno di un doloroso addio alla maglia azzurra. E con Gigi lasciano anche Barzagli e De Rossi con quest’ultimo chiamato in causa dal tecnico a quindici dalla fine. Ma il romanista si è rifiutato di scaldarsi: “C…. dobbiamo segnare, mica difendere il pari”, ha detto, indicando Insigne e facendo capire a tutto il mondo che la frattura tra tecnico e spogliatoio c’è sempre stata nonostante le frasi di circostanza del tecnico e c. Per colpa di un allenatore incapace restiamo a casa. Niente mondiale in Russia e non succedeva esattamente da 60 anni. Povera Italia. Non ce lo meritavamo. Non lo meritava neppure questa squadra che si è pericolosamente involuta dall’addio di Conte. Quasi due anni in panchina e niente. Non un gioco, un’idea, solo tanta confusione che dopo Madrid si è acuita e ha portato alla catastrofe. E chiediamo scusa quando usiamo il termine catastrofe o tragedia, perché quelle vere sono ben altre. Ma per il calcio, lo è. Non andare al mondiale ci costa oltre cento milioni di euro. Sentimenti traditi, bruciati non certo in una notte, ma con focolai estesi da tempo. Pensavamo bastasse anche una piccola Italia per mandare a casa i modesti svedesi e invece a casa ci siamo andati noi. Gli azzurri ci hanno provato, ma con la forza della disperazione, con l’ennesima formazione sbagliata, con giocatori impiegati ancora una volta fuori ruolo, a cominciare da Florenzi che impiegarlo a sinistra equivale ad una bestemmia. Oppure rispolverare Gabbiadini che non giocava in azzurro da due anni, insierire Jorginho e non metterlo in condizione di giocare perché alla palla a terra si è preferito palla lunga e speriamo in Dio. L’ennesimo schiaffo agli italiani Ventura lo ha dato tenendo fuori Insigne, disegnando un’Italia surreale, figlia dell’improvvisazione di chi il calcio, quello vero, lo ha visto solo in tv e senza neanche capirlo bene. Perché Ventura è arrivato a fine corsa con un solo modulo, il 4-2-4 che nessuno in Italia usa, non provando mai in due anni alternative valide, come il 4-3-3 con il quale gioca la maggior parte delle squadre italiane. Niente di niente. E neppure se ne va. Lo faccia oggi, senza batter cassa. La dignità non ha prezzo. A casa tutti, Ventura, ma anche chi ha deciso a suo tempo di metterlo su quella panchina. Tutti a casa e se non si dimettono con un atto di responsabilità, ci pensi Malagò. Perché non ci può essere costruzione se la distruzione non è totale. E stavolta siamo finiti col sedere per terra. E allora tutti a casa e ricominciamo, con un tecnico da nazionale e con un progetto vero. Cominciando a rilanciare i nostri settori giovanili, limitando gli stranieri, sia nelle primavera che in serie A. Ricominciare, con coraggio. Purtroppo abbiamo pagato a caro prezzo gli errori del passato, ma indietro non si torna. Proviamo ad andare avanti, ricominciamo cambiando subito questo calcio malato che come il pesce puzza dalla testa. Si può anche se oggi c’è solo tanta amarezza. Di Tavecchio e Ventura ci interessa poco, ci interessa invece che dopo 60 anni, il mondiale partirà senza l’Italia. Difficile da credere, altrettanto da accettare. Ci hanno rubato l’anima, calpestato i sentimenti e non ce lo meritavamo.