MASSIMO CICCOGNANI
Zinedine Zidane, il Real Madrid e una storia incredibile, meravigliosa. Ricordo il gennaio del 2016, a Valencia, dopo un pari bruttissimo, con una squadra senza idee e senza gioco. Alla guida c’era Rafa Benitez che la dirigenza madridista aveva voluto fortemente alla guida del Real, il club dove era nato. Rafa ha fallito per tanti motivi ed è stato esonerato. Florentino Perez non ha pensato minimamente al successore, lo aveva in casa. Il suo nome Zinedine Zidane e ricordo anche in quanti storsero la bocca davanti al nome di quel grande calciatore considerato però acerbo e inadatto a guidare una squadra, una grandissima squadra come il Real Madrid. Ma Zizou ha vinto tutto, a cominciare dallo scetticismo con cui è stato accolto, scetticismo battuto con i fatti, con i risultati, incredibili ma straordinariamente figli di un uomo che ama il suo lavoro, che non lascia nulla al caso, che non inventa nulla, che non ama essere protagonista. Un uomo che ha saputo gestire una rosa di tante prime donne e al tempo stesso valorizzare alla grande i prodotti di un vivaio sempre florido ma non sempre preso nella dovuta considerazione. Ha rubato con gli occhi, Zizou, a Carlo Ancelotti di cui è stato secondo nell’anno della Decima. Ha imparato a parlare, dialogare con i suoi calciatori, a trattarli tutti allo stesso modo, sia che ti chiami Ronaldo sia che ti chiami Lucas Vazquez. Ha rigenerato calciatori come Casemiro che sembrava in procinto di essere messo sul mercato vista la sua scarsa incisività nel gioco della squadra. Ha tenuto in panchina per molte giornate uno come Cristiano Ronaldo, facendogli capire che al facile gol contro Alaves e Depor, gli importava averlo al top nelle partite che contavano. E il Pallone d’Oro lo ha capito e oggi lo ringrazia. Si è fatto amico dello spogliatoio tutto. In diciotto mesi di gestione ha vinto la bellezza di sette trofei (due champions, due supercoppe europee, una Liga, una supercoppa di Spagna e il Mondiale per Club. Per lui adesso parlano i numeri, esalta il gruppo, mai se stesso, scende in campo per difendere i suoi giocatori e quando perde la colpa la getta sulle sue spalle, salvando sempre i suoi giocatori. Sette trofei vinti, nessuno come lui, uno dei tecnici più vincenti nella storia del Madrid. Ha vinto sette titoli in diciotto mesi ed è il terzo nella storia madridista come Del Bosque che però ci impiegò quattro anni. Davanti a lui la storia, Miguel Munoz che ne ha vinti 14 e Luis Molowny che ne ha conquistati 8. Si dirà, merito di una rosa stratosferica. Vero, ma non solo perché qualche suo predecessore, con tanti fuoriclasse in campo, aveva partorito il nulla. Il merito di Zidane va oltre le vittorie, va ricercato principalmente nella qualità del suo gioco, portato ad offendere, come piace al madridismo, ma senza perdere di vista la fase difensiva, rubata con gli occhi ad Ancelotti. Le vittorie aiutano a vincere e Zizou ne ha fatto tesoro, pensando al presente ma anche al futuro. Un aziendalista. Ha rilanciato Isco, lo ha preferito a Bale nella finale di Cardiff e ha avuto ragione, ha lanciato canterani che oggi sono il fiore all’occhiello del club. Come Lucas Vazquez, cresciuto anche nella fase difensiva, e soprattutto Asensio che oggi mezza europa invidia al Real. Vedere giocare il Madrid è delizia per gli occhi: ha difeso Keylor Navas che molti non ritenevano portiere da Real, ha poggiato sull’esperienza di Sergio Ramos tutto il peso della difesa e accanto al capitano sta facendo crescere Varane, il centrale del presente e del futuro. Si avvale di due esterni come Carvajal e Marcelo che non si trovano in tutta Europa, in mezzo la qualità di Modrid, Kroos, Casemiro, del rigenerato Kovacic, il talento di Isco, lo scombussola difesa, il calciatore che non dà punti di riferimento e davanti non solo la BBC (Bale, Benzema e Cristiano) ma anche Lucas, Asensio, che hanno fatto del Real una squadra imbattibile. Poi, si può vincere come si può perdere, ma quel che conta è la qualità del gioco, la ricerca giorno dopo giorno dei giusti equilibri. Il segreto di Zizou è l’umiltà e la saggezza unita alla voglia di crescere. Ha rinnovato fino al 2020 ma sa bene che il suo rapporto con il Real non sarà mai una questione di soldi, ma d’amore. E sa pure che la sua permanenza su quella panchina dorata, dipende dai risultati. Per questo domani è un altro giorno, un altro obiettivo da mettere nel mirino e da centrare. E’ la politica di monsieur Zidane, l’uomo venuto dal nulla con in testa un’idea meravigliosa: vincere. Perché è solo quello che conta.